A Poggio la Croce, sulle montagne di Verghereto, prende vita un progetto bellissimo che cerca persone da coinvolgere e ospitare
Intervista a Maurizio Righi, a cura di Valentina Balestri della redazione di Vivi Consapevole in Romagna.
L’arrivo alla casa di Maurizio è stato spettacolare. Oltre allo splendore delle montagne, verdissime di boschi da una parte e grigio scuro dall’altra per via dei calanchi, è la sensazione di pace ciò che immediatamente ti pervade.
Tutto brilla, profuma, sussurra. Il vento, gli uccellini, i fiori, il ronzio delle api indisturbate che hanno trovato lì il loro paradiso. Le capisco benissimo: quello di Maurizio è un luogo magico.
Neanche faccio in tempo a scendere dalla macchina che arriva uno dei suoi sei cagnoni, un pastore maremmano gigante, dolce quanto bello, seguito dal resto della famiglia. Mi accolgono scodinzolando e, a uno a uno si avvicinano per lasciarsi coccolare. Uno stupendo benvenuto, penso!

E poi ecco Maurizio, occhi verdi, barba lunga e sorriso grande. Un uomo solare, dallo sguardo gentile. Mi riceve come se fossimo amici da una vita, a braccia aperte, e prima di mostrarmi casa mi porta a conoscere i suoi asini, animali che adoro. Ne ha cinque, bellissimi, e per loro ha costruito con le sue mani una rimessa dove possono riposarsi beatamente o ripararsi nelle giornate di pioggia. Poi mi mostra la fila di box in legno, grandi e molto curati, dove vivono i suoi rapaci (Maurizio è un falconiere) che in questo periodo dell’anno sono impegnati a riprodursi.

Infine, senza indugi, mi invita in casa sua e mi offre un tiramisù squisito, che ha preparato per l’occasione, e un bicchiere di vino. Fantastico, questo incontro già mi piace un sacco!
Maurizio, abiti in un luogo bellissimo e sei circondato da tanti animali stupendi, dei quali ti prendi cura con grande passione. Ma dimmi, come e quando hai scelto di vivere qui e dedicarti a tutto ciò?
Sai Valentina, il “richiamo della foresta” l’ho sempre sentito, sin da piccolo. Ricordo quando a 10 anni con gli scout montavamo il campo per la notte in mezzo alle montagne e ogni giorno si andava all’avventura, per conoscere la natura e i suoi abitanti. La passione e la gioia di vivere in un modo come quello, più genuino e semplice, non mi hanno mai lasciato anche se la vita, prima di portarmi qui, mi ha condotto altrove.
Per 25 anni, come ingegnere elettronico, mi sono occupato di telecomunicazioni e per lavoro ho viaggiato mezzo mondo. Poi ho passato altri 10 anni nel settore della bonifica bellica. Alla fine ho capito che era arrivato il momento di cambiare vita.
Tutto è iniziato un giorno di tanto tempo fa, quando dal veterinario (avevo portato uno dei miei gatti a visitare) vedo sulla bacheca un annuncio: “Vuoi conoscere il mondo dei rapaci e diventare falconiere? Ti aspettiamo”. Non hanno aspettato a lungo perché quell’annuncio mi ha letteralmente folgorato e io mi sono iscritto al primo corso dell’associazione “ALANTICA alterum praedamur”, di cui ancora oggi faccio parte.
È incredibile come il destino si sveli davanti a te quando scegli con il cuore. E quella scelta mi ha portato proprio verso l’uomo che sono oggi.
Al corso ho conosciuto Stefania, preziosa compagna di anni di vita impagabili, che ha saputo ricucire il mio cuore e mi ha insegnato una sensibilità nuova e profonda. Con lei ho cominciato a progettare un futuro che fino a quel momento avevo solo potuto sognare. Abbiamo costituito la società agricola Abbazia Laurana, acquistato questo podere, Poggio la Croce, e iniziato a ristrutturare questo rudere che oggi è la mia casa, perché volevamo farne un paradiso, una parentesi dal mondo fuori, circondati da amore, animali, piante, bellezza e tranquillità, per aprirci a nuove prospettive di vita. Oggi lei non c’è più perché un tumore se l’è portata via, ma il nostro sogno la tiene in vita e quando penso a lei, so che sta vegliando su di me, fiera e contenta di non essermi lasciato schiacciare dalla paura di rimanere solo o dalla tristezza dell’averla persa.
Dapprima quello della falconeria era un hobby ma anche grazie a Stefania, che è stata capace di insegnarmi tutto ciò che sapeva sui rapaci (e ne sapeva parecchio!) è diventato più che un passatempo: la nostra è divenuta una missione, con l’obiettivo di allevare falchi e far conoscere tutte le peculiarità della falconeria che, posso garantirti, vanno molto oltre la pratica venatoria.

E così abbiamo iniziato a girare l’Europa in cerca di rapaci pregiati da poter allevare, costruendo il nostro allevamento professionale. Ad oggi vivono qui tre coppie di falchi pellegrini, una coppia di rari falchi della Regina, diversi astori di provenienza siberiana, che sono quasi completamente bianchi, astori finlandesi, sette poiane di diverse specie e quattro gufi di cui uno, un gufo delle nevi, è ormai diventato un compagno di avventure e abita in casa con me.
Essendo animali di indole selvatica e poco addomesticati, anche se naturalmente tutti nati in cattività, un rapace deve potersi fidare di te e tu devi saper leggere i suoi movimenti. Deve esserci un’alchimia tra il falconiere e il suo rapace, dove il primo deve osservare con attenzione e avere pazienza infinita e grande apertura mentale, oltre che conoscenza. Con un falco, o un’aquila o un gufo non puoi improvvisare e solo se li conosci bene puoi amarli, apprezzarli e difenderli. E garantire loro il benessere dovuto, che è la base per lavorare insieme.
Prima di proseguire lasciami però fare un’osservazione: c’è chi pensa che i falconieri e gli allevatori di rapaci siano delle specie di bracconieri o dei torturatori di animali. Non è così! Il rapporto tra falconiere e animale è simbiotico e paritetico. Ne è la prova il fatto che quando l’animale è in volo libero è lui che decide di ritornare, e che quando è impegnato in attività sportive dimostra tutto il piacere di giocare col falconiere!
E poi non dimentichiamo che quando si allevano specie rare o minacciate di estinzione in natura, si contribuisce anche alla formazione di popolazioni di riserva. Non è facile allevare questi animali e non ci si improvvisa: servono conoscenze, passione, pazienza, esperienza e determinazione. Non sono rari i casi di progetti finalizzati all’allevamento e riproduzione in cattività di specie da reintrodurre in natura, in aree dove per vari motivi erano scomparse. È il caso per esempio del Falco Pellegrino in Inghilterra e Galles, dell’Allocco degli Urali nel nord-est italiano e Austria, del nibbio reale in Spagna, ma potrebbe anche essere il caso dell’Aquila del Bonelli e del Falco della Regina nelle regioni dell’Italia mediterranea.
Sono curiosissima! Credevo che l’unico scopo di allevare falchi fosse per la caccia e invece mi hai appena detto che non è così. Raccontami…
Con i rapaci si fanno tante cose.
Già 15.000 anni fa erano grandi alleati delle tribù nomadi. Ad esempio, in Mongolia, l’aquila è ancora oggi un animale molto prezioso perché viene utilizzata per esplorare il territorio. Grazie a lei, gli aquilieri, cavalieri e carismatici preparatori di aquile, possono capire dove c’è cibo in abbondanza per condurre il proprio popolo: l’aquila individua le mandrie di animali che servono per il sostentamento invernale, e l’aquiliere seguendo la direzione del suo volo, conduce la tribù verso terre favorevoli e ricche.
Poi, dal XIII secolo, la caccia con i rapaci, già sviluppatasi in Medio Oriente, è arrivata anche in Europa, all’epoca dell’imperatore Federico II di Svevia, scienziato, statista, grande estimatore di questi uccelli e autore del fondamentale trattato “De arte venandi cum avibus”. In quel periodo, se andavi a caccia, ci andavi insieme al tuo falcone. Poi sono arrivate le armi da fuoco e in molti hanno abbandonato questa pratica.
Dalla seconda metà circa del secolo scorso la falconeria conosce un nuovo sviluppo ed è diventata ancora più articolata: c’è chi segue la tradizionale pratica venatoria e allena il rapace, costruendo con pazienza un rapporto di fiducia e collaborazione. Ma oltre alla caccia si è sviluppata anche la pratica sportiva, dove il rapace viene addestrato a diverse discipline per gareggiare da solo o con il proprio falconiere, come ad esempio nella velocità in volo o in diversi giochi di squadra.
Al giorno d’oggi i rapaci sono inoltre molto utili in alcune specifiche attività professionali come l’allontanamento di animali nocivi o dannosi, il cosiddetto “Bird control”.
Un esempio? Ho un amico falconiere che lavora per l’aeroporto di Venezia e tiene lontano i gabbiani – che sono molto pericolosi – dalle piste di partenza e atterraggio. C’è anche chi opera nelle discariche per evitare gli assembramenti di altri animali, oppure per allontanare i piccioni dalle centrali elettriche o ancora, per tenere sotto controllo le popolazioni selvatiche in alcune aree. In questi casi i falconieri non cacciano gli altri animali, ma tengono in volo i loro uccelli semplicemente per allontanarli. E funziona!
Sullo stesso principio si basa uno dei progetti che sto portando avanti e che vorrei sviluppare nei prossimi anni ovvero l’Agrifalconeria®, un protocollo studiato per utilizzare i rapaci per allontanare le popolazioni di selvatici dannose per le colture. Così, ad esempio, chi ha un frutteto, grazie a questa nuova tipologia di lotta integrata, può salvare il raccolto da merli, storni, o altri uccelli golosi di frutta.
E poi c’è l’ultima frontiera della falconeria, nota come Pet Therapy ma più correttamente AAA (attività assistite con gli animali). Vedo che mi guardi un po’ stupita Valentina, ma è proprio così. Un falco o un’aquila non saranno mai animali domestici, sia chiaro, ma si sa che i rapaci hanno una struttura nel cervello limbico che altri uccelli non hanno e questo gli permette di sviluppare emozioni ed essere capaci di instaurare e capire il valore di una relazione con l’uomo.
Hai ragione, sono molto stupita: non pensavo che i rapaci, con la loro indole così selvatica e schiva, fossero adatti alla Pet Therapy. C’è un ricordo speciale che ti va di condividere per descriverci come possono essere d’aiuto in questo senso?
Ogni animale è capace di suscitare un’emozione ma i rapaci, forse perché siamo poco abituati ad averli vicino, possono far scaturire in noi grande stupore e meraviglia.
Ricordo benissimo quando con la nostra associazione abbiamo lavorato con un gruppo di persone ipovedenti e non vedenti. Devi sapere che ai rapaci non piace essere toccati, né sulle zampe né tantomeno sulle ali. In quella circostanza invece è come se avessero capito che l’unico modo che quelle persone avevano di comunicare era tramite la scoperta tattile e si sono fidati, lasciandosi accarezzare.
In un’altra occasione, all’interno del campo medievale Santa Cristina a Bolsena, abbiamo assistito una psicoterapeuta nelle sue sedute con alcune famiglie. Ce n’era una in particolare con un figlio di circa 10 anni che non aveva mai parlato in vita sua. Quel bimbo per un paio di giorni ha lavorato con Flo, un’esemplare di poiana di Harris. Gli abbiamo insegnato a chiamarla con i movimenti delle dita della mano. Lui la richiamava con le dita e lei veniva ma, l’ultimo giorno, Flo non ne voleva sapere di andare sul guanto di questo bambino. Lui continuava a cercare di attirare la sua attenzione ma lei niente. Lo fissava ma non si avvicinava. È stato incredibile quando tutti abbiamo sentito la voce di quel bimbo chiamare “Flo, Flo, vieni!” e a quel punto vedere la poiana volare verso di lui. I genitori, sconvolti, subito si sono commossi e quando ci penso, anche io mi commuovo ancora. Chi lo sa se Flo aveva capito la difficoltà di quel bambino e ha voluto spronarlo a tal punto da farlo parlare… La cosa certa è che in un modo o nell’altro quella poiana ha saputo stimolare qualcosa dentro quel bimbo così fortemente da farlo reagire.
Grazie di cuore Maurizio per la splendida condivisione. Ti faccio un’ultima domanda. Oggi che hai trovato il tuo angolo di paradiso nel mondo, che hai avviato il tuo allevamento e ti prendi cura dei tuoi animali, c’è un altro sogno nel cassetto che vorresti realizzare?
Sì, e in realtà ne ho più di uno. Primo tra tutti vorrei attivare un centro di recupero per animali selvatici, specializzato in uccelli rapaci, ufficializzato a livello provinciale. Così se qualche animale avesse bisogno di aiuto, qui ci sarebbe la possibilità di accoglierlo, curarlo, riabilitarlo al volo e liberarlo nuovamente in natura.
Mi piacerebbe anche perché sarebbe il modo di mettere le mie conoscenze al servizio dei selvatici in difficoltà.
E poi c’è il grande progetto dell’Agricoltura Sociale, al quale abbiamo lavorato insieme, Stefania ed io, e che ora è arrivato il momento di iniziare a concretizzare. Si tratta di un progetto portato avanti con l’Unione dei Comuni Valle del Savio e in parte finanziato della Regione Emilia-Romagna con fondi del PSR.
Nel podere Poggio la Croce abbiamo piantato lamponi, ciliegie tardive, mirtilli e ribes, tutto completamente biologico, senza l’ombra di un veleno. Si potrebbero ampliare le colture con un noccioleto o un noceto o anche con delle orticole… E magari in futuro raggiungere un’autosufficienza alimentare e energetica, possibilmente costruendo una filiera coesa a km 0 con le altre aziende etiche del territorio limitrofo.
Ecco come in questo scenario si inserisce l’agricoltura sociale: abbiamo ristrutturato il casale realizzando quattro camere e adeguati spazi comuni per potere ospitare fino ad 8 persone, individuate dai Servizi Sociali, cha saranno indirizzate a risiedere da noi per un periodo di tempo più o meno lungo, beneficiando dell’ubicazione del podere ma soprattutto della possibilità di lavorare a stretto contatto con la natura e i suoi ritmi. Questo si ritene sarà di grande utilità e supporto alle persone.
Qui, lontano dal traffico, dal rumore, dalla moltitudine della città, si riesce ad apprezzare quanto questo mondo sia bello e ricco. Per tutto questo, e per quant’altro ci sarà da fare, è chiaro che io da solo non basto. Ecco che quindi c’è spazio per una persona che sia pronta a lanciarsi con me in questo progetto di vita, per dar il via alla creazione di una piccola realtà che vive e cresce insieme, amando la terra e gli esseri viventi che la abitano e la circondano.

Ho conosciuto Maurizio quando venne al camping Tiber al monte FUMAIOLO per una stupenda dimostrazione dei rapaci, erano con noi anche i ns.nipotini, che non si scordano più quei magici momenti, nell’occasione abbiamo documentato con alcune foto, grazie di cuore , ciao a presto Maurizio….