La Romagna del buon vino (BIO)

La Romagna del buon vino (BIO)

Sempre più realtà enogastronomiche si avvicinano al mondo del biologico e oggi parliamo nello specifico di quello che accade in Romagna: interpellando Giorgia Lagosti, laureata in chimica, maestra di cucina AICI, giornalista ed esperta enologa nonché ottima conoscitrice delle realtà vinicole del nostro territorio.

Ciao Giorgia, puoi spiegarci cosa si intende per metodologia biologica? Quali caratteristiche deve avere un vino per essere definito tale?

Per la produzione di prodotti vitivinicoli biologici, da un lato c’è la normativa che stabilisce le regole e le modalità di vinificazione approvate anche dallo Standing Committee on Organic Farming (SCOF), il Comitato permanente per l’agricoltura biologica. Nello specifico, i contenuti del regolamento prevedono una serie di restrizioni nell’utilizzo di determinate pratiche enologiche e sostanze coadiuvanti durante la fase di vinificazione: un produttore biologico ne può utilizzare circa la metà rispetto a quelle concesse a un produttore convenzionale.

Solo per citare un esempio, il quantitativo di solforosa nei vini biologici, argomento assai dibattuto in Italia, è fissato per i vini biologici rossi secchi a un massimo di 100 mg/l, mentre per i bianchi secchi a 150 mg/l. Sebbene molti produttori italiani abbiano definiti questi livelli troppo restrittivi, dobbiamo ricordare che le condizioni climatiche del nostro Paese permettono di produrre vini con quantitativi di solfiti mediamente più bassi dei produttori d’oltralpe.

Quanto detto finora, ci permette quindi di definire il vino “biologico”, solo quando:

  • In vigneto: si producono uve biologiche, coltivate senza l’aiuto di sostanze chimiche di sintesi (concimi, diserbanti, anticrittogamici, insetticidi, pesticidi in genere) e senza l’impiego di organismi geneticamente modificati
  • In cantina: si esegue la vinificazione utilizzando solo i prodotti enologici e i processi autorizzati dal regolamento 203/2012 (elenco nell’allegato VIII bis)

In ogni caso, l’azienda vitivinicola produttrice necessita di una certificazione di conformità da parte di un ente certificatore.

Ho iniziato questa risposta con un “da un lato”… ora però arrivo “all’altro”, perché va sottolineato che all’interno dei limiti e delle disposizioni imposte dalle normative, ogni produttore biologico certificato segue la propria condotta specifica, utilizzando le pratiche enologiche che più si avvicinano al concetto personale di “agricoltura sostenibile”.

Biologico e biodinamico: quali le simmetrie, quali le divergenze?  

Vino biologico e vino biodinamico? Per qualcuno una semplice moda, per altri una scelta di vita che non si presta a essere banalizzata o sintetizzata in una formula di poche parole. Già, perché il vino non è soltanto una miscela di uva pestata: è qualcosa di più. È terra. È tradizione. È una filosofia di vita. E proprio dalla filosofia partiamo per arrivare a capire cosa sia un vino biodinamico o meglio, un vino ottenuto da uve da agricoltura biodinamica. A dire il vero, i disciplinari che definiscono queste bottiglie, sono ancora in fase di definizione a livello europeo (in sede di Demeter International, unica associazione ecologica ad aver creato una rete di singoli enti di certificazione presenti su scala mondiale) e questo perché ci sono ancora punti che accendono vivaci discussioni e opinioni, avendo ogni Paese un clima diverso e una diversa tradizione enologica.

Il punto sostanziale però consiste nel sapere che cosa sia l’agricoltura biodinamica, perché un vino biodinamico è solamente una conseguenza di questa pratica agronomica. Attraverso l’agricoltura biodinamica gli “steineriani” (seguaci delle idee di Rudolf Steiner) ritengono che le piante si possano esprimere al meglio se, grazie a un occhio attento alle influenze astrologiche sul mondo vegetale e sul terreno, saranno rimesse nella giusta interconnessione con l’ambiente che le ospita.

In vigna, o meglio in tutta l’azienda, a partire da un uso limitato e rispettoso dei trattori, attraverso pratiche di semina di sovesci e mettendo al bando la chimica dei fitofarmaci, si fa in modo che si ristabiliscano le giuste connessioni fra il cielo e il terreno. Si usano dei preparati che innescano processi di formazione dell’humus e stimolatori delle funzioni della luce e del calore. Invece di combattere le malattie si innescano meccanismi per creare salute, ribaltando la logica dell’agricoltura industriale moderna, che è lontanissima dal riconoscere quale sia la giusta valenza di un alimento.

Un cibo che non sia semplicemente una lista di componenti minerali, più o meno complessi, ma un complesso organico di correnti e di flussi energetici che, come possono essere buoni e idonei a mantenerci sani, possono essere altrettanto concausa di danni irreversibili per l’organismo.

A livello prettamente enologico, con i metodi biodinamici si raggiungono delle espressioni di maturità della frutta che sono estremamente legate alla mineralità della terra, al clima dell’annata e al timbro varietale della pianta. Sono prodotti che si esprimono nella loro interezza, complessità di aromi e di zuccheri in una forma più completa e profonda di tutte le sue componenti. Il risultato nei vini è il carattere estremamente marcato e sorprendono sempre per la grande esperienza gustativa che offrono, in genere molto diretta. Ancora, le fermentazioni sono tutte ottenute senza aggiunta di lieviti esterni e le solforose sono in genere molto contenute (questo è uno dei punti che rappresenta la maggiore discussione). Per contro, un vino biologico non prende in considerazione tutte queste componenti: nell’agricoltura biologica si ritiene la pianta un organismo da nutrire attraverso sali minerali che, seppure abbiamo origine organica, rappresentano una forma naturale di agricoltura convenzionale.

Se dovessi elencare 10 produttori in Romagna che ritieni eseguano questa prassi in maniera esemplare, quali citeresti?

  • Azienda Galassi Maria (Paderno – Bertinoro, Forlì)
  • Tenuta Santa Lucia (Mercato Saraceno)
  • Il Pratello (Modigliana)
  • Vigne di San Lorenzo (Fognano)
  • Fondo San Giuseppe (Brisighella)
  • Bragagni Andrea (Fognano)
  • Vigne dei Boschi (Valpiana di Brisighella)
  • Francesconi Paolo (Faenza)
  • Tenuta il Plinio (San Carlo – Forlì Cesena)
  • Tenuta Casali (Mercato Saraceno)

Ci tengo a sottolineare quanto, la lista che propongo, non vuole certo escludere altre cantine che lavorano con altrettanta serietà e che offrono al mercato bottiglie di grande valore. Unicamente per ragioni di spazio si è deciso di citare solamente 10 produttori di qualità e invitiamo il nostro pubblico a segnalarci altre attività simili del territorio.

Chi è Giorgia Lagosti?

Maestra di Cucina AICI (Associazione Insegnanti di Cucina Italiana), docente della scuola Cibologna, tiene corsi per professionisti e non e serate a tema in diversi locali fra cui il Ristorante di CasArtusi di Forlimpopoli. Fa parte di PS (Percezioni Sensoriali), gruppo di lavoro fondato da Maria Luisa Savorani e, all’interno di questo contesto, ha partecipato alla stesura del libro “La Vita nel Piatto” edito da Edizioni Sì.

Giornalista free lance per diverse testate locale e  per il Blog di Stefano Bartolini (Ristorante La Buca (Stella Michelin), Osteria del Gran Fritto di Cesenatico e Milano Marittima, Terrazza Bartolini


A cura di Emanuele Cangini


 

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La redazione di Vivi Consapevole in Romagna.