A Ravenna esiste un’associazione che si prende cura di un orto sinergico, dove oltre che verdura e frutta si coltiva una forte relazione di comunità.
Intervista a Federico Bartolini – Presidente di Ortisti di Strada, a cura della redazione
La storia che vi raccontiamo oggi ha inizio circa 6 anni fa, quando un gruppo di ragazze e ragazzi del Centro Sociale Spartaco a Ravenna decide di ripristinare un orto, per renderlo fruibile a tutta la comunità. Il loro è da subito un approccio sinergico, per sottolineare l’importanza dell’unione – che aggrega e che caratterizza un centro sociale – e della biodiversità, che deve ricominciare ad essere sempre più presente nei nostri ambienti urbani. Hanno in mente un obiettivo ben preciso: sperimentare e sensibilizzare nei confronti di stili di consumo consapevole, verso il raggiungimento dell’autosufficienza alimentare.
Successivamente, nel 2017 nasce la volontà di creare un’associazione e questo porta all’attivazione di diversi progetti, come l’ampliamento del primo orto e la realizzazione del Frutteto Sociale di via Patuelli, sempre a Ravenna.
Da lì a poco, visto che non esisteva un gruppo che facesse aggregazione e attività attorno ai principi di permacultura e agroecologia portati avanti nell’orto condiviso, è nata anche l’associazione “Ortisti di Strada”, per rispondere all’esigenza dimostrata e sentita da tutta la comunità.
Abbiamo avuto il piacere di intervistare Federico Bartolini, presidente di questa associazione, che insieme a tutti i soci sta portando avanti un lavoro e un impegno davvero ammirevoli.
È davvero stupendo – e ci rende ancora più fieri di essere romagnoli – conoscere persone e realtà così: coraggiose, che si mettono in gioco, che hanno voglia di portare il cambiamento anche nella propria casa e nella propria città!
Ciao Federico. Toglimi subito una curiosità: perché vi siete chiamati “Ortisti di Strada”?
Ah, Valentina, avrai notato il rimando ai più conosciuti “Artisti di Strada”… Il nome dell’associazione vuole richiamare proprio il loro spirito e la voglia di condividere creatività, che queste persone manifestano sempre nei luoghi pubblici, rendendoli disponibili a tutte e tutti.
Nel nostro caso, la scelta di tale assonanza deriva dal fatto che anche noi ci sentiamo un po’ artisti. “Artisti la cui matita è la zappa, la terra è la tela e le piante ne rappresentano i colori” (W. Mason). Oltretutto, questa nostra “manifestazione artistica” avviene prevalentemente negli ambienti di città, giustificando così la “Strada”, in contrasto con il concetto di Ortisti.
Ortisti di Strada: perché avete scelto di fondare un’associazione e in quale progetto vi state impegnando?
Ortisti di Strada è nata perché ci piacerebbe portare maggiore attenzione alla qualità della vita di ognuno di noi, anche di chi vive in città. Vogliamo farlo attraverso il cibo, dando la possibilità di coltivarlo anche in prossimità della propria abitazione, in un contesto urbano, e smettere così di dipendere solamente dai supermercati o da alimenti che provengono da molto lontano.
Se ogni quartiere avesse un orto coltivato, anche valorizzando le numerose aree verdi incolte presenti nelle nostre città, ci sarebbero vantaggi per tutti soprattutto per il benessere delle persone!
Noi abbiamo cominciato a coltivare un piccolo appezzamento proprio in città, a Ravenna, per dimostrare che è possibile replicare ovunque questa iniziativa. Non solo, con Ortisti di Strada, oltre a diffondere i principi di permacultura e agroecologia in aree urbane, stiamo cercando di favorire la presenza di aree di rifugio per flora e fauna (impollinatori, piccoli mammiferi, uccelli) e ripristinare il collegamento tra la campagna e la città con un’attenzione particolare alle tradizioni contadine e del territorio.

È proprio vero, ci sono tanti spazi inutilizzati nelle nostre città e, invece di costruire altri supermercati e abitazioni , si potrebbero destinare a orti di quartiere, non trovi?
Sì, sono molto d’accordo! Questa pandemia non ha fatto altro che sottolineare la questione, il cibo va coltivato localmente… Partendo dal proprio giardino e oltretutto rivedendo il valore delle aree verdi in città!
Le città devono essere ridisegnate con un occhio al futuro: quello che mancherà probabilmente è il cibo di qualità se ci ostiniamo a farlo provenire dall’altra parte del mondo.
Ho letto dal vostro sito che fate “Resilienza silenziosa”: ci spieghi meglio questo concetto?
Questa frase rispecchia il modo in cui cerchiamo di agire.
Piantare alberi, prendersi cura di spazi verdi pubblici coltivandoli coinvolgendo il più possibile le persone che vivono nelle vicinanze, fare educazione nelle scuole, nei centri giovanili, nelle residenze per disabili.
Sembrano azioni semplici e lo sono, ma alla lunga crediamo che possano contribuire al cambiamento che tutti vogliamo, a creare una comunità più solida capace di rispondere positivamente alle sfide che sempre più urgentemente dovremo affrontare.
Siamo silenziosi perché non gridiamo e non facciamo rumore per protestare contro questa multinazionale o contro quel governo, nessuno si accorge di noi ma come tanti semi piantati a terra, in silenzio e con i tempi che servono facciamo crescere alberi, fiori e frutti.
Quali sono le attività che organizzate? Come si può partecipare? Ci sono eventi o corsi in programma?
Le abbiamo chiamate “Fughe nell’Orto e nel Frutteto”: un paio di giorni a settimana in cui ci si ritrova per curare l’orto e stare insieme.
Organizziamo per tutto l’anno eventi per farci conoscere e fare conoscere i principi di agricoltura naturale (corsi di potatura, scambio semi, scambio piantine, giornate di piantumazione alberi nella città, permablitz), ma anche iniziative che si intrecciano con il mondo dell’arte (laboratori di intreccio, per la costruzione di erbari, giornate in cui gli artisti dipingono o suonano, mostre nell’orto ecc.) e azioni di guerrilla gardening in città.

Da diversi anni abbiamo poi una collaborazione con un grande vivaio della zona (Geoplant) che ci fornisce centinaia di alberi da frutto che poi piantiamo e regaliamo alle associazioni del territorio.
Per partecipare basta tesserarsi e venire nell’orto nelle giornate di attività.
Ad oggi la nostra è un’associazione che cresce tra sostenitori e simpatizzanti. Il nostro team operativo è costituito da una decina di persone, tutte molto appassionate di agricoltura, di verde e di Permacultura.

A proposito di Permacultura e Agroecologia, ci racconti quali sono le pratiche che utilizzate nel vostro orto urbano? E se dovessi dare un consiglio a chi sta creando il proprio orto a casa, cosa gli diresti?
La Permacultura è affascinante perché prende in considerazione ogni aspetto della vita e considera lo scarto di un elemento come una risorsa per un altro. Sono gli stessi principi che regolano un ecosistema con l’aggiunta dell’ingegno umano che osserva, per poter scegliere il meglio per lo sviluppo costante dell’armonia.
Nel nostro caso il campo che ci interessa maggiormente è l’agricoltura, o meglio l’agroecologia applicata in ambiente urbano.
Miglioriamo il suolo se necessario con l’apporto di sostanza organica, piante e alberi per il ripristino delle condizioni ottimali e piantiamo i semi conservati anno dopo anno, scambiati con altri contadini ribelli, oltre a valorizzare la biodiversità locale.
È importante garantire la cura costante degli spazi durante tutto l’anno, che permette a questo piccolo ecosistema di prosperare e darci buoni frutti. Molti pensano (erroneamente) che questo tipo di agricoltura necessiti di poca fatica ma in realtà quello che viene limitato è l’utilizzo di combustibili fossili; la fatica fisica c’è (soprattutto nelle prime fasi di realizzazione), ma è quella fatica che ristora l’animo, soprattutto quando non si lavora da soli.

Per chi vuole creare il suo piccolo orto il consiglio che posso dare è semplice ma non banale: osservate sempre le piante e ascoltatele, perché dicono sempre qualcosa! E cominciate con un orto molto piccolo per poi ingrandirlo se necessario e se le forze lo permettono, contattate le persone che coltivano già un orto in maniera naturale nelle vicinanze per chiedere informazioni e fare rete, così da non lavorare esclusivamente da soli finendo poi per bloccarvi alle prime difficoltà.
Un’ultima domanda: qual è il sogno, il germoglio che vorreste crescesse e diventasse forte e robusto nei prossimi anni?
Sicuramente vogliamo coinvolgere ancora più giovani e anziani, per “biodiversificarci” e dare forza alle attività.
Attualmente abbiamo tante richieste di collaborazione visto che il tema che affrontiamo è sempre più urgente, ma fortunatamente anche sempre più appassionante.
Un sogno nel cassetto c’è: trovare un terreno con una struttura abitativa dove coltivare e vivere assieme almeno per una parte dell’anno, in modo da rendere la nostra piccola comunità ancora più solida e poter migliorare anche la rete con le realtà vicine a noi, sviluppando progetti di Permacultura sempre più ampi.
Il seme affinché questo sogno diventi realtà lo abbiamo piantato e ora, pian piano ce ne prenderemo cura. E siamo certi che, prima o poi, fiorirà!
Questo sistema dominante è un gigante coi piedi di argilla, ĺ⁸