Non serve scegliere: possiamo risvegliare le coscienze e utilizzare la scienza, per prenderci cura del nostro pianeta e di chi lo abita!
Massimo Moretti
Quando il telefono ha smesso di squillare e da un giorno all’altro nessuno più chiedeva i nostri prodotti ci siamo sentiti in crisi: era una sensazione conosciuta ma da 7 anni non si presentava.
Un’azienda come WASP deve pagare affitti, utenze, circa 40 stipendi, tasse, certificazioni e investire in innovazione, come milioni di imprenditori piccoli e grandi.
Sono state notti insonni, lo confesso, ma ho scelto di rimanere aggrappato a ciò che il nostro nome esprime: WASP è l’acronimo di World Advanced Saving Project. In questo nome c’è la scienza advanced project e c’è la coscienza world saving.
L’uomo è chiamato ad essere il primo artefice al servizio di un mondo nuovo, e grazie alle sue qualità dovrà prendersi cura del pianeta, per favorire un risveglio della coscienza e utilizzare la scienza per il bene di tutti gli esseri che lo abitano.
Nuova emergenza? Serve un nuovo progetto per aiutare
Così quando nessuno più chiedeva le nostre stampanti 3D e l’azienda sembrava colpita come un uccello in volo da un cacciatore, abbiamo deciso: tutta la nostra energia verrà utilizzata per sviluppare sistemi di protezione per aiutare chi in prima fila fronteggia il virus.
In quei giorni l’unica difesa erano le famigerate mascherine “stile swiffer” che la Protezione Civile aveva dato ai sindaci e alle forze dell’ordine.
Noi non avevamo neppure quelle, ma fortunatamente il nostro sindaco di Massa Lombarda ce ne ha donato un pacco. Così la prima cosa fu disegnare una mascherina protettiva, con filtro potenziato, che si potesse adattare al viso con estrema precisione.
Subito dopo abbiamo sviluppato un processo che, partendo dalla scansione del volto, passa attraverso una stampa 3D e crea una mascherina su misura, unica per ogni persona, dove il filtro si poteva cambiare.
Fu subito un successo di richieste: il sindaco, i vigili e poi gli amici, aziende e case di riposo, operatori sanitari. E così da un giorno all’altro non avevamo più il tempo di pensare alla crisi: eravamo proiettati nel presente e nell’innovazione.
Da lì a poco arrivarono i primi articoli di giornale seguiti dalla visita dei primi operatori del 118 che avevano quotidianamente contatto col virus. È stato un momento molto delicato quello: far entrare in azienda degli Eroi, che allo stesso tempo erano potenziali portatori di contagio… Come poter scansionare il volto di una persona senza avere contatto ravvicinato con lei? Non era solo una questione di sicurezza personale, era una responsabilità aziendale ma anche una sfida tecnologica.
Così abbiamo applicato la fotogrammetria, un processo che, con 20 fotografie fatte con il telefonino, può ricostruire l’immagine 3D di una persona, con una precisione millimetrica.
Tutto il processo è stato messo on-line in open-source, assieme al software che uno di noi ha sviluppato per disegnare le maschere su misura. Più di 20.000 persone in tutto il mondo hanno scaricato il software e il progetto. In pochi giorni diversi artigiani hanno iniziato a produrre mascherine con le nostre stampanti e il telefono ha ripreso a squillare. Così abbiamo ripreso il volo.
Un’innovazione tira l’altra
Nel frattempo non ci siamo fermati: abbiamo subito instaurato un filo diretto per rispondere ai bisogni del mondo esterno e con tutti coloro che ci scrivevano idee e consigli sul nostro sito, e seguendo le richieste abbiamo prodotto anche delle visiere protettive. Siamo stati ripagati oltre ogni valore economico dalle immagini che ci inviavano gli utilizzatori dei nostri prodotti, che abbiamo distribuito gratuitamente.
Abbiamo inoltre sviluppato dei caschi ventilati protettivi Myspace. Quando li progettavamo sembravano un po’ azzardati… Mi ricordo che quando li abbiamo presentati ai miei collaboratori oltreoceano che non conoscevano ancora il virus, uno di loro mi ha detto sorridendo: «Spero non dovrete mai utilizzarli». La mia risposta fu istintiva per quel poco di inglese che so: «Me too, me too. Lo spero anch’io». Ora stiamo producendo quei caschi sotto la spinta pressante di dentisti che non sanno come lavorare senza contaminare lo studio, loro stessi e i pazienti, a causa dell’aerosol di saliva che si spande. Grossi gruppi nazionali ed internazionali stanno aspettando che arrivino in produzione.
Nel frattempo un gruppo di makers aveva trasformato la maschera sub, commercializzata dalla catena Decathlon, in una maschera per l’assistenza respiratoria saltando a piè pari tutto il mondo delle certificazioni e dei burocrati azzeccagarbugli, capaci di bloccare ogni entusiasmo e sviluppo. S’erano già inalberati quando la realtà li ha riportati coi piedi per terra: è uscito un decreto che diceva, in sintesi, che a causa dell’emergenza era meglio salvare la vita di qualcuno con mezzi non certificati che lasciarlo morire a causa di mancanza di mezzi certificati. Sembrerà incredibile ma molti devono ancora accettare questa semplice realtà, che ha vaporizzato il potere dei burocrati.
Scienza e coscienza unite, in nome di una nuova visione economica verso il Bene Comune
Abbiamo messo a punto anche una stampante 3D che, terminato il pezzo, lo deposita automaticamente in un contenitore e pulisce il piatto di stampa, lavorando h24 senza il bisogno di un operatore.
Con quella macchina sono stati stampati i pezzi che servivano ai malati in ospedale: una vera rivoluzione, che può trasformare ogni stampante in una piccola unità produttiva personale.
Questo per me identifica perfettamente l’embrione di una nuova economia: getta le basi per una nuova visione dove l’industria diffusa è composta da milioni di piccole unità produttive sparse sul territorio. Trasporti, magazzino, surplus produttivo sarebbero così eliminati all’origine. Un’altra volta, la crisi si sta rivelando un’opportunità costruttiva.
Credo che il mondo ora abbia bisogno di fiducia, speranza e coscienza. Credo che scienza e coscienza debbano andare a braccetto. A mio parere sarebbe un grave errore rifiutare la scienza, per consegnarla in mano a chi non ha coscienza. Viceversa dobbiamo usare la scienza per il bene del pianeta: è un nostro dovere sviluppare modelli economici alternativi funzionanti.
Sono certo che se la scienza e il sapere dell’uomo saranno al servizio del bene collettivo grazie alla coscienza dell’uomo, se la scienza affronterà i bisogni contingenti, cibo, casa, salute, energia, economia, cultura, e libererà l’uomo dalla schiavitù del bisogno impellente, lasciandogli la libertà necessaria ad esprimere le sue qualità, allora il mondo fiorirà in un vero e proprio paradiso in terra di piante, animali, fiori, biodiversità.
Scienza e coscienza sono potenti energie che possono cambiare il mondo e trasformarlo.
Sta a noi scegliere come utilizzare questi preziosi strumenti.
Massimo Moretti
È nato a Lugo nel 1959. Il padre era appassionato di meccanica e motociclette, la madre bracciante agricola. Maker e smanettone da quando ha messo piede nell’officina del babbo, a 20 anni assieme a un amico fonda la prima società che si occupa di progettazione elettronica. Dopo avere sviluppato progetti per 30 anni, nel 2012 Massimo fonda WASP (World’s advanced saving project) con un gruppo di neolaureati in design del prodotto. Finanziando la ricerca tramite la vendita dei prodotti derivati dalla ricerca stessa, WASP sviluppa processi replicabili dal basso, collaborando con centri di ricerca in tutto il mondo per dare risposte ai bisogni di base dell’umanità.